VIVERE E DIFFONDERE L’ANTIFASCISMO

In questa delicata fase di crisi economica e sociale, di battaglie a suon di Spread, di “governi tecnici” nelle Eurozone a rischio, di manovre economiche e finanziarie “lacrime e sangue”, ci sono elementi e questioni che purtroppo passano sempre più in secondo piano, sia nel dibattito pubblico sia in quello interno al “movimento”. Una di queste è sicuramente la questione del fascismo e dell’antifascismo, in particolare su cosa voglia dire praticarlo, su cosa significhi elaborare ed affermare una posizione in questo campo.

Sia ben chiaro, siamo coscienti che le cause e le conseguenze, sia politiche che sociali, della crisi economica vadano analizzate al meglio e con precisione, ma, a nostro avviso, una conseguenza molto pericolosa, che da tale crisi deriva, è la ricomparsa di alcuni gruppi para-politici che propugnano, ripescandole dalla discarica della storia, idee e pratiche di negazione della libertà. Gruppi che non intendono portare nessun tipo di sostegno o tutela per quelle fasce della società che più subiscono in termini di precarietà, impoverimento, disoccupazione e sfruttamento, il peso dall’attuale situazione politica ed economica. Questi gruppetti tentano di cavalcare il malcontento generale con un becero populismo da quattro soldi, spesso spostando l’attenzione dalla radice dei problemi sociali a questioni marginali, non portando quindi alcuna soluzione per chi vive sulla propria pelle quotidianamente ‘attuale crisi economica. In questo modo l’azione di questi gruppi diviene un vero e proprio sostegno alle politiche antipopolari dei governi.

Non è certo una novità che quando si acuisce la tensione sociale tali soggetti tornino alla ribalta, non a caso nascono proprio come apparato di aiuto allo Stato e alle classi agiate per soffocare il malcontento e le lotte dei lavoratori. Il loro non è un ideale, non aspirano alla liberazione ed all’emancipazione delle fasce sociali più sfruttate ed impoverite, né tanto meno alla libertà di espressione e alla libera circolazione della cultura, piuttosto le loro basi si fondano solo su una cultura di odio, violenza e discriminazione.

Ma questi soggetti come agiscono? è giusto definirli fascisti?

Sicuramente sono definibili tali, possono mascherarsi come vogliono o creare mille sigle o cercare di darsi una parvenza “democratica”, ma sempre fascisti rimangono.

Agiscono e cercano di infiltrarsi in tutti i settori della società, dal Parlamento alle scuole, nei quartieri delle città fino alle curve delle tifoserie calcistiche. Ma non vogliamo fare solo retorica, ai più le cose dette fin’ora risultano vecchie, trite e ritrite, ma troppo spesso e specialmente negli ultimi periodi sia personaggi “celebri” (Saviano, il sindaco di Roma Alemanno e anche qualche ministro), sia persone comuni sedicenti “antifasciste” hanno fin troppo giustificato la presenza di questi “fascisti del terzo millennio”, definendoli come ragazzi a cui dev’essere dato modo di parlare ed esprimere le loro idee… nel nome della democrazia!

Ma di quale democrazia parlano?

I fascisti del terzo millennio, come quelli che li hanno preceduti, ancora oggi uccidono, discriminano e attaccano tutti coloro che non sono in linea al loro modo di pensare o diversi dal loro stereotipo di “maschio italico”.

In fasi storiche come quella che stiamo attraversando questi elementi emergono prepotentemente. Qualche esempio? Centri sociali bruciati, spedizioni punitive nei confronti di ragazzi di sinistra, contro immigrati e omosessuali, fino ad arrivare al massimo dell’odio e della violenza con le stragi e gli assassinii; non dimentichiamo che a Firenze, qualche mese fa, un militante di CasaPound ha ucciso dei lavoratori senegalesi semplicemente a causa del colore della loro pelle.

Anche quando sono in doppio petto, ai vertici della politica o dell’economia, si rendono colpevoli fomentando odio tramite le loro leggi liberticide e razziste, di esempi ce ne sono tantissimi; dalla Bossi-Fini sulla “regolamentazione degli immigrati” fino ad arrivare a rispolverare leggi scritte durante il Ventennio fascista.

Anche sul profilo storico culturale non si risparmiano, ormai sono anni che tentano in tutti i modi di “revisionare” la storia, cercando di darle una nuova chiave di lettura in senso nazionalista e guerrafondaio: la questione giuliano dalmata, le continue pressioni sull’equiparazione dei repubblichini ai partigiani sono esempi chiari di come questi signori vogliono ridare dignità a soggetti che hanno compiuto solo sporchi crimini.

Capiamo perfettamente, data la fase in cui ci troviamo, che può esser facile, laddove non vi sono prospettive di lotta sociale, attecchire con certe idee tra i più giovani o nelle classi sociali più povere (basta guardare alla Grecia dove partiti di chiare simpatie NAZISTE stanno incrementando il loro consenso), ma proprio per questo siamo convinti che la questione dell’antifascismo vada ripresa e che le debba essere data l’importanza che merita come principio cardine di ogni lotta.

   Dobbiamo batterci affinché questi soggetti non riescano in nessuna maniera ad alzare la testa, senza farci ingannare dal loro finto aspetto democratico, perché come già detto tra il fascista in “doppio petto” e il fascista “con l’anfibio e la testa rasata” non c’è nessuna differenza! E neppure dobbiamo affidarci ad intermediari “istituzionali”, che il più delle volte tendono a sottovalutare il problema e nei peggiori dei casi a “salvargli il culo”.

L’unico modo che abbiamo per delegittimarli completamente da ogni spazio sociale e dai quartieri popolari delle città è impegnarsi in una continua e costante mobilitazione in prima persona, sia culturale che politica, tornando a fare iniziative, solidarizzando realmente e concretamente con le fasce sociali deboli, sostenendo gli immigrati nelle loro lotte per ottenere diritti e dignità, affiancando i lavoratori durante gli scioperi, fino ad arrivare nelle scuole e nelle università.

L’antifascismo non deve e non può precludersi soltanto ai militanti di gruppi politici, spesso rimanendo solo sul mero piano del dibattito, ma bensì dev’essere una pratica e un modo di agire esteso e vissuto da tutti, in particolare durante questa fase di crisi economica e sociale.

Non possiamo cedere nessun metro a questi ratti, servi dei padroni e dello Stato.

COLLETTIVO AULA R  

Questa voce è stata pubblicata in Comunicati, General, In movimento, Iniziative, Materiali collettivo, Pisa, Scuola/Università e contrassegnata con , , . Contrassegna il permalink.