Riflessione di un compagno su Coltano

Sul “caso” Coltano sono state spese molte, troppe parole, la maggior parte delle quali sono state pronunciate a vanvera. Nonostante ciò, non riesco a esimermi dal contribuire a questa cascata di inchiostro per provare a dire qualcosa di nuovo. Qualcosa “inaudito”, “polemico”, che probabilmente farà storcere il naso a più di una persona. Già, perchè io mi sento estremamente vicino agli abitanti di Coltano. Li capisco e sono con loro.
Da sempre Coltano è stata considerata come una entità a parte, ben distinta dal corpus cittadino, un “hic sunt leones” dove relegare tutti gli indesiderati della città, rom o migranti che siano, per nasconderli agli occhi degli ospiti e della Pisa “bene”, come polvere spazzata distrattamente sotto al tappeto. Coltano dimenticata dalla politica, che compare solamente quando si tratta di elargire promesse o quando c’è da propagandare il proprio modello di lager “buono”. Chè, è bene ricordarselo, i CIE non sono buoni nemmeno se sono a misura d’uomo come quelli di Rossi. Ora, cessata l’emergenza, chiusa la passerella, PD e “compagni” potranno dimenticarsene nuovamente, ma solo fino alle prossime elezioni, quando gli avvoltoi ricompariranno per spolpare anche l’ultimo voto. Coltano dimenticata anche dal movimento, dagli studenti che, dall’alto delle loro citazioni di Nietzsche e delle equazioni Psi di Schroedinger, non riescono a comunicare – o anche solo ad ascoltare – con dei contadini la cui unica colpa è essere ignoranti. In campagna non serve conoscere le opere di Dante o la composizione del magma di uno stratovulcano: serve spaccarsi la schiena, farsi venire i calli alle mani nel tentativo di far fruttare la terra. La loro ignoranza, complice anni di Nazione e TG1, è stata sufficiente a farceli bollare, dall’alto della nostra spocchia intellettuale, come razzisti. Certo, le scritte dal sapore fascista le abbiamo viste tutti, ma la mano che le ha tracciate è più o meno nota e di certo non autoctona. Le stesse scritte le abbiamo viste anche a Calambrone e lì sì che abbiamo visto gli insulti razzisti e gli epiteti sessisti alla cronista di Pisanotizie. Abbiamo visto anche la stupidità crudele dei pisani danarosi che sono arrivati a danneggiare le attrezzature destinate ai profughi e che hanno addirittura tentato di bruciare l’ex Ospedale. Da Coltano, e dai suoi abitanti, invece dovremmo imparare tutti una grande lezione di dignità.

 

Andrea P.

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4 risposte a Riflessione di un compagno su Coltano

  1. aular scrive:

    Evidentemente sono stato frainteso. Pace. Grazie in ogni caso per il tuo contributo.

    Andrea

  2. luther scrive:

    «Per il resto, onde evitare ulteriori polemiche, questo post era una provocazione. E a quanto pare ha pienamente sortito il suo effetto.»

    Si, aggiungere un mattoncino al muro della discriminazione e del razzismo. Grazie mille, ne avevamo veramente bisogno!

  3. aular scrive:

    Ho portato l’esempio di Coltano solo per contestualizzarlo nel locale pisano, ma credo che sia un discorso valido anche ad un livello più ampio. Lo so, non si dovrebbe fare, ma ti faccio un’altra domanda. Perchè gli “indesiderabili” vengono “scaricati” sempre nei quartieri popolari o nelle periferie e non in centro o in altre zone ad alto valore edilizio? Questo a Pisa (il cui centro è zeppo di edifici lasciati all’abbadono per pura speculazione) come altrove. Semplicemente perchè è estremamente comodo (e facile) aizzare guerre tra poveri per permettere alla gente “per bene” di dormire sonni tranquilli e di continuare ad ingrassare sulle spalle dei ceti sociali più deboli, salvo poi reagire come a Calambrone quando c’è il rischio di sistemare i già citati “indesiderabili” nei paraggi delle loro bicocche.
    Certo, anche a Coltano c’era gente razzista e non sono così ingenuo da negarlo e sia ben chiaro che non vado a solidarizzare con loro nè sono disposto a legittimarli. Tuttavia nella stragrande maggioranza dei casi si trattava semplicemente di persone ignoranti (rendiamoci conto che c’era chi parlava di vaiolo…) sottoposte da anni ad un martellamento mediatico studiato per instillare il germe della xenofobia nella gente. Vogliamo fargliene una colpa? Bene, ma nemmeno noi siamo esenti dalle responsabilità, visto che non abbiamo mai fatto nulla per impedire che ciò accadesse.

    Per quando riguarda la scritta -e sia chiaro che mi riferisco ad una in particolare e non alle varie “Coltano ha già dato”- mi limito a dirti che è stata vergata da quel genere di persone che esce dalle fogne quando può cavalcare una situazione del genere per portare i suoi contenuti razzisti e xenofobi. E la loro sede non è a Coltano.

    Per il resto, onde evitare ulteriori polemiche, questo post era una provocazione. E a quanto pare ha pienamente sortito il suo effetto.

    Andrea

  4. luther scrive:

    siccome parli di dignità e di spocchia intellettuale, ma ti dimentichi di spendere anche solo due parole di solidarietà coi migranti (anche loro sono stati dimenticati, a quanto pare), vorrei chiederti, in quanto solidale con Coltano: sai quanti rom e migranti ci sono a Coltano? Perché prima di dire che a Coltano è il tappeto sotto il quale viene nascosta lo “sporco”, uno dovrebbe chiedersi se è davvero così, o se forse ci stiamo facendo tutti prendere in giro da una decina di persone che, pur abitando a Coltano, non mi pare che siano rappresentative della popolazione tutta.

    Poi mi chiedo come fai a sostenere che chi ha tracciato i graffiti non sono autoctoni. Saranno forse stati i Rom? o forse i Negri? Sicuramente non la gente del presidio, dal momento che era troppo impegnata a discutere di quale fucile è più adatto a sparare agli immigrati!

    Da Coltano potremmo forse imparare la dignità, da chi va legittimando un presidio razzista perché è “popolare” sicuramente non impariamo nulla, e penso che neanche chi vive a Coltano sia molto contento…

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