In seguito alle lotte di questo autunno, il sindacato confederato CGIL ha convocato uno “sciopero generale” piuttosto particolare.
Invece di favorire l’unione delle lotte e delle vertenze, facilitando la rinascita di una coscienza tra i lavoratori, i burocrati del sindacato hanno ancora una volta deciso per uno sciopero farsa, delocalizzato in ogni provincia e di sole quattro ore.
La pressione della base e degli studenti ha costretto il più grande sindacato italiano a indire una giornata che più che di lotta ha il sapore del contentino e della mera testimonianza.
Nel frattempo le RSU della FIAT di Torino (solo FIOM) si piegano al ricatto di Marchionne e lo Stato continua, tramite arresti nel movimento universitario (Firenze) e tagli a servizi e diritti, a reprimere e impoverire le classi subalterne.
Da trent’anni a questa parte il ruolo dei sindacati confederati è ben preciso: svendere il lavoratore, assecondare le logiche padronali (partecipando al tavolo della produttività di Confindustria), perpetuare, in nome del profitto, la linea di concertazione.
È chiaro come queste strutture non siano in grado di rappresentare la nuova composizione della classe lavoratrice: sempre più, infatti, sono i giovani che, nonostante siano in possesso di diplomi o lauree, vivono di lavoro saltuario, a contratti precari e senza alcuna prospettiva.
È poi evidente che oggi lo sfruttamento non inizia più con la sottoscrizione del contratto di lavoro. La riforma Gelmini ad esempio, garantisce l’entrata dei privati nei Cda degli atenei e così la formazione e gli studi si allineano con gli interessi del capitalista di turno. L’insegnamento di qualità sarà sempre di più quello produttivo per chi lo commissiona. Oltre ciò la flessibilità lavorativa è ormai lo strumento principale per sottomettere la vita del lavoratore alle necessità dell’azienda e del padrone.
Ciò che unisce la lotta degli universitari con quella dei lavoratori non deve essere la difesa dei diritti inalienabili come lo studio e il lavoro (spesso chiamati beni comuni). Il nostro nemico comune rimane questo sistema produttivo che ci costringe a competere l’uno contro l’altro per assicurarci un salario.
Riteniamo che uno sciopero generale serva a ricomporre i lavoratori e a scatenare tutta la forza e la potenzialità di una vera giornata di lotta mediante occupazione delle fabbriche, blocco delle merci e delle vie di comunicazione.
AL TERREMOTO INDUSTRIALE RISPONDIAMO COL TERREMOTO SOCIALE!