Nessuno si è mai reso conto di quanto sia cambiata la città di Pisa in questi ultimi anni?
Da quello che si può notare, frequentando la città, è che gli spazi di aggregazione sono stati progressivamente eliminati e quei pochi che sono rimasti li stanno decentralizzando. Nel centro storico, per la cittadinanza non esistono aree di ritrovo e di svago, e questo si ripercuote non soltanto sui giovani frequentatori della “movida”, ma anche sulle famiglie. Come se non bastasse, la città, ha molti spazi in grave stato di abbandono che dovrebbero essere riqualificati dalle amministrazioni, ma il problema è che se viene pianificato questo investimento (vedi ex Motofides ora Porto di Marina di Pisa, e il centro forum di Porta a Mare), trasforma lo spazio in un mostro di asfalto e cemento aprendo nuove banche e nuovi centri commerciali; quindi senza alcuno scopo sociale e aggregativo, ma utile solo al sistema capitalistico.
La zona di Cisanello che era destinata ad un parco, nonostante fosse stata lasciata ad uso della cittadinanza, è stato riconvertita ad uso edilizio e commerciale, cioè le famose due torri di 45 metri, visibili a chilometri di distanza e da tutta la città, ma paradossalmente, se da un lato si concede di realizzare simili mostri, dall’altro lato della strada il vero parco potrebbe perdere definitivamente la possibilità di nascere.
Il parco della cittadella invece è sempre chiuso agli abitanti della città, e drammaticamente in affitto a prezzi esorbitanti per rare occasioni. E’ brutto pensare che le amministrazioni lucrino su un’area verde così grande che potrebbe essere aperta a tutti e a tutti gli orari.
Uno dei grandi pregi di Pisa è la forte vita di piazza, che negli anni viene combattuta attraverso una progressiva militarizzazione del centro storico e il rafforzamento esponenziale dei sistemi di controllo e prevenzione, quali le centinaia di nuove telecamere che addobbano le strade. Tutto a servizio della “sicurezza dei cittadini”, ma la realtà dei fatti è che agli occhi delle istituzioni e delle forze dell’ordine i frequentatori della movida sono tutti criminali.
Anche gli spazi di aggregazione sono stati colpiti da questa forte repressione e ciò è ben visibile nell’ambiente universitario: infatti, decentralizzando le facoltà, le amministrazioni vogliono spostare dal centro-vetrina la grande massa studentesca, limitandola in aree con servizi inadeguati alla quantità di persone che adesso ne usufruiscono. Ad esempio le aule studio sono poche, anzi, completamente insufficienti, ma oltre a queste mancano pure aule aperte alla socializzazione e alla possibilità di crescere instaurando discussioni politiche e culturali, non permesse dalla burocrazia dell’università; ad economia ad esempio, spazi che potevano essere dedicati agli studenti sono stati convertiti in attività commerciali.
Quindi cos’è l’Università per chi la gestisce? Soltanto un mero esamificio: luogo dove devi dare esami e nient’altro.
Quel poco che l’università concede in quanto a servizi, non è certo ben accessibile. La burocratizzazione ha raggiunto per fino le biblioteche, dove è sempre più difficile reperire libri perché è stato sviluppato un sistema di archiviazione spiccatamente centralizzato che non garantisce la disponibilità immediata di quei testi che sono necessari a molti di noi.
L’AulaR si propone da anni come alternativa a questa mancanza si sensibilità culturale e cerca di portarla all’interno dell’Università, con iniziative annuali come Arte in Università, che quest’anno è arrivato alla quinta edizione. Oltre a eventi specifici, l’aula è un luogo di ritrovo per studenti di differenti facoltà, dove è possibile intrattenersi e socializzare.
COLLETTIVO AULA R