VOLANTINO SCIOPERO 28 GENNAIO

UN PEZZO IN CULO AL CAPITALE

Il recente piano Marchionne ha reso palesi gli interessi contrapposti di lavoratori e capitalisti.

Il ricatto di fronte al quale si sono trovati gli operai della Fiat sarà solo il primo tentativo di attuazione “legalizzata” di un maggiore sfruttamento della forza lavoro. Il referendum imposto dall’azienda Fiat, con una parvenza di democrazia, in realtà è la legittimazione di nuovi RAPPORTI DI SFRUTTAMENTO. Il “no” del 46% dei lavoratori di Mirafiori è la dimostrazione che la retorica degli interessi comuni, del “siamo tutti nella stessa barca” non può più reggere. Le bugie propagandate dalla classe padronale tramite i suoi giornali e i suoi sindacati, per quanto sostenute a ripetizione, si scontrano con la realtà di sacrifici e privazioni dei proletari della fabbrica e dei proletari sfruttati sotto la forma del PRECARIATO.

Ciò che unisce la lotta degli universitari con quella dei lavoratori non deve essere la difesa di diritti “inalienabili”, come lo studio e il lavoro. Il nostro nemico comune rimane questo sistema produttivo che ci costringe a competere l’uno contro l’altro per assicurarci un salario e vendere la nostra forza-lavoro DEQUALIFICATA al capitalista di turno.

Da ciò parte la nostra critica al concetto di “diritto inalienabile”. È ormai evidente come ogni campo della vita, dall’istruzione alla sanità, debba essere necessariamente VALORIZZATO. Per questo gli economisti “alla Tremonti” continuano a parlare dei lavoratori in quanto CAPITALE UMANO. Lo stesso capitale umano, o MERCE, il cui costo (come affermato da Marchionne) è solo del 6-8%. É questa piccola percentuale che deve diminuire per aumentare i profitti. Le conseguenze saranno ritmi velocizzati per i lavoratori non ancora sostituiti dalle macchine.

Siamo favorevoli a forme di lotta come lo sciopero generale. Siamo altresì convinti che per ottenere una società che non ponga limitazioni dovute alla crescita dei profitti, la lotta dei lavoratori e degli studenti debba attuare forme più concrete. L’occupazione delle fabbriche, il blocco delle merci e delle vie di comunicazione (come durante l’ultima mobilitazione universitaria) sono strumenti che abbiamo per opporci a questa oppressione.

AL TERREMOTO INDUSTRIALE RISPONDIAMO COL TERREMOTO SOCIALE

Collettivo AulaR Sc. Pol. Pisa

aular@autistici.org

aulaerre.noblogs.org

F.I.P. VIA SERAFINI 3, PISA

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ASSEMBLEA DEL COLLETTIVO AULA R

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Martedì 7 dicembre 2010 ore 21.00

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VOLANTINAGGIO DOMENICALE

Domenica sera gli studenti e le studentesse dell’Assemblea Permanente di Scienze Politiche hanno effettuato un volantinaggio nella zona piazza Garibaldi e piazza XX Settembre per spiegare alla cittadinanza i motivi della protesta contro il DDL Gelmini. Nonostante il freddo c’è stato un riscontro positivo da parte dei cittadini, con numerose attestazioni di solidarietà. Segue il testo del volantino:

Ciao!

Siamo gli studenti di Scienze Politiche dell’Università di Pisa.

Siamo gli stessi che, protestando contro la Riforma Gelmini (insieme ai ricercatori e ai nostri compagni delle altre facoltà e delle scuole superiori), vi stanno procurando tanti disagi. Vorremmo spiegarvene i motivi.

Crediamo che questo DDL non danneggi solo noi studenti, bensì tutta la cittadinanza. Ecco cosa prevede:

  • Tagli del 90% al DSU (Diritto allo Studio Universitario, azienda regionale che si occupa dei servizi agli studenti). Alcuni dati: meno di 2 studenti su 5, fra gli idonei, potranno usufruire di una borsa di studio. Qui a Pisa, per far fronte al tagli dei fondi, i pasti in mensa subiranno un aumento e verrà chiusa una delle mense principali (quella in via Betti).
  • Istituzione di un “fondo per il merito”, che mira a sostituire il sistema del DSU e consiste nell’ erogazione di un prestito in denaro che lo studente dovrà restituire al termine degli studi; si rischia così un precoce e massiccio indebitamento prima ancora di entrare nel mondo del lavoro, ed equivale in un certo senso al mutuo che un normale cittadino è costretto ad accendere per poter avere un’abitazione.
  • Ingresso dei privati e dei loro interessi nelle facoltà: circa il 40% dei consigli di amministrazione delle Università sarà composto da esterni, che condizioneranno le scelte riguardanti ricerca, offerta formativa e così via.
  • Blocco del turn over (ovvero il ricambio fra dipendenti che vanno in pensione e dipendenti che vangono assunti) e contratti a tempo determinato per i ricercatori: da tre a cinque anni e rinnovabili una sola volta, al termine dei quali o vi è l’assunzione definitiva, o vi è il licenziamento. E’ importante ricordare che buona parte del lavoro di insegnamento all’interno degli atenei italiani è svolto da ricercatori, spesso senza retribuzione e con orari di gran lunga superiori alla media dei professori ordinari e associati.

Siamo tutti consapevoli del fatto che il sistema universitario italiano necessiti una riforma organica, anche per correggere gli errori compiuti dai governi precedenti , ma questa riforma , fingendo di risolvere i problemi, disarticola tutto il sistema universitario! E con esso distrugge le aspettative di futuro di intere generazioni di giovani, con gravi ripercussioni sull’intera economia italiana.

E’ assurdo che in un periodo di crisi un governo effettui tagli insensati all’istruzione e alla ricerca, settori in cui dovrebbe invece investire (come fanno gli altri Paesi europei), per destinare fondi agli 11 atenei telematici (come il CEPU) legati alla famiglia e al partito di Berlusconi.

Sono inoltre facilmente intuibili le ripercussioni su una città come Pisa, che fonda la propria economia soprattutto su noi studenti universitari.

Protestiamo anche per chi vorrà iscriversi all’Università nei prossimi anni e per le loro famiglie, che dovranno affrontare costi ancora più alti di quelli che vengono sopportati dalle nostre.

Il Disegno di Legge Gelmini è stato approvato con una maggioranza debole alla Camera, ignorando le nostre voci. In attesa del voto al Senato la nostra lotta, la lotta di tutti coloro che, oltre a subire questa crisi, vengono penalizzati da questi interventi irrazionali, deve continuare.

Assemblea Permanente di Scienze Politiche

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Università: soluzione finale!

L’attuale riforma universitaria ha l’obiettivo di decretare la fine di un sistema d’istruzione di massa e basato su alcuni principi pubblici.

I punti cardine che come soggetto studentesco individuiamo nel disegno di legge riguardano: i tagli al diritto allo studio, sostituendo un diritto, con un indebitamento per studenti e famiglie; il consolidamento del lavoro precario nei luoghi di produzione della conoscenza; il taglio di finanziamenti che comporterà inevitabilmente la trasformazione in fondazioni di diritto privato degli atenei.

Gli articoli di riforma della governance, che il disegno legislativo vuole imporre agli atenei, preparano la struttura del governo delle università ad un inclusione di privati nei Cda e aumenta il grado di influenza dell’organo sui programmi didattici.

La riforma è ovviamente legata all’idea di cultura esclusivamente utile agli interessi di privati e la ricerca vuol essere tagliata in tutte le forme che non siano funzionali al profitto di questi ultimi.

Queste riflessioni sono evidenti a partire dalla lettura superficiale del disegno di legge, tanto evidenti, che in quest’ultimo viene previsto uno stanziamento di fondi per gli atenei considerati meritevoli. La logica che determina il merito è basata principalmente sui flussi di capitali privati che un ateneo è capace di attrarre. Cosa c’è di più chiaro di questo?

Cos’altro devono dire o fare i governanti per chiarire che l’unico bisogno a cui sentono l’esigenza di rispondere è quello delle elites economiche e politiche?

Davanti a questo attacco che renderebbe irreversibile la fine di un sistema ancora pubblico di istruzione universitaria non possiamo rimanere in silenzio e non possiamo non opporci mettendo in pratica molteplici forme di dissenso e di protesta.

Il significato delle nostre azioni di protesta ribalta anche il significato della politica generalmente intesa come la professione di qualcuno; noi stiamo dimostrando con le occupazioni e con il lavoro nelle assemblee, unico organo decisionale della protesta, che è con la partecipazione diretta che si possono difendere i diritti, per definizione collettivi, e opporsi agli interessi, che invece riguardano sempre una parte.

La proposta di sostituire il diritto allo studio con un indebitamento precoce ricadrà inoltre sulle famiglie che, nel clima di crisi  attuale, velocizzerà  un processo di involuzione verso un’università per ricchi e una minor possibilità di accesso per i ceti meno abbienti . Parallelamente assistiamo anche ad un clima di arretramento culturale che determinerà minori possibilità per alcuni individui, come ad esempio le donne. La richiesta occupazionale delle donne è circa la metà rispetto a quella degli uomini. Questo, insieme ad una radicata discriminazione di genere, porterà le famiglie ad essere meno disposte a indebitarsi per le figlie. Se l’università sarà solo funzionale al mercato del lavoro non conviene indebitarsi per un individuo che ha meno probabilità di portare un domani soldi a casa.

In questi giorni ci siamo concentrati sul blocco della riforma per impedire la soluzione finale riservata da questo governo all’università pubblica.

Crediamo che un’università realmente pubblica, accessibile a tutti e a tutte e di qualità, si possa costruire solo sulla base di una partecipazione il più possibile diretta e orizzontale e che non siano né i governi di oggi né quelli di domani a trasformare positivamente l’università.

Per questo bloccare oggi la riforma è un primo passaggio per dire che i diritti si difendono solo con la lotta di tutti e tutte.

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