BREVE RIFLESSIONE SU UNIVERSITA’ E LOTTA DI CLASSE

Di seguito il testo di un documento che abbiamo preparato nelle scorse settimane; queste righe mettono insieme riflessioni, analisi e osservazioni che abbiamo maturato negli ultimi mesi di attività come Collettivo Aula R, cercando di imbastire una sintesi sul ruolo dell’università nell’attuale contesto di attacco generalizzato del Capitale e di involuzione autoritaria. Non vogliamo con questo stabilire una posizione né tantomeno fornire un’analisi completa della fase attuale, ma condividere il più possibile quanto finora è emerso da un dibattito interno e frutto del lavoro collettivo.

BREVE RIFLESSIONE SU UNIVERSITA’ E LOTTA DI CLASSE

Il provvedimento governativo denominato “Spending Review” è stato emanato con l’intento di controllare la spesa pubblica. La realtà di questi “tagli”, però, è tutt’altra: la rimodulazione delle spese statali riguarderà in grossa parte i settori della sanità e dell’istruzione pubblica, ovvero due apparati essenziali per il miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori e delle lavoratrici italiani. Ancora una volta lo Stato è pronto a difendere gli interessi di una classe – quella dei capitalisti, dei tecnici, del settore privato – a scapito di un’altra, quella della classe dei lavoratori, dei salariati.

Il rifinanziamento continuo di Istituti di Credito e Società d’Investimento, la scelta di spendere enormi quantità di denaro pubblico in spese militari e per la casta dei politici, sono decisioni che perciò non ci devono meravigliare, soprattutto se messe a confronto con la durezza degli interventi di riforma, a detta loro, “risanatori”. La lotta fra le classi si sta estendendo a tutti i campi dell’esistenza diventando più brutale e non risparmiando nemmeno le fasce della classe media sempre più in via di proletarizzazione.

Per quanto riguarda l’istruzione pubblica, anch’essa è sotto il continuo attacco di “riforme” almeno dal 1999. Riforme che hanno il duplice scopo di smantellare i vecchi insegnamenti e rimodularli secondo le nuove esigenze del Capitale: SPECIALIZZAZIONE, RIDUZIONE DEI SAPERI, CLASSISMO, MAGGIORE PRODUTTIVITA’.

Ma cosa vuol dire classismo e selezione di classe?

Ad esempio, le ripercussioni pratiche della “selezione di classe” diventano di giorno in giorno sempre più evidenti anche nell’Ateneo Pisano per cui a settembre ci siamo trovati difronte a:

-aumento delle tasse universitarie del 7%

– nuovi test per accedere ai corsi di laurea a numero chiuso

– borse di studio e agevolazioni per il diritto allo studio dimezzate

-riduzione dell’offerta didattica e accorpamento della Facoltà nei Dipartimenti multidisciplinari.

L’Università di Pisa, purtroppo, si distingue dalle altre perché è stata fra le prime ad attuare, seppur con alcune modifiche, le direttive imposte dalla Riforma Gelmini e dalla Riforma Profumo, allo scopo di accaparrarsi il titolo di “ateneo virtuoso”. Tutto ciò avviene ovviamente a discapito di altri studenti di altre Università italiane e secondo una legge che crea atenei di SERIA A e di SERIE B, aumentando in questo modo ancora di più le diseguaglianze all’interno del medesimo sistema d’istruzione fra studenti di regioni diverse. Tuttavia, nonostante la celerità attuativa dell’Ateneo Pisano c’è chi nel frattempo trova il tempo per aumentare i proprio guadagni di “indennità di carica” per i membri di alcuni organi collegiali (Consiglio d’Amministrazione, Nucleo di Valutazione d’Ateneo) e monocratici (Rettore, Prorettori e Direttori di Dipartimento).

Dall’istituzione della “scuola di massa” negli anni ’70 la situazione è perciò davvero mutata: le esigenze sistemiche di profitto hanno costretto lo Stato e i singoli atenei (all’interno del percorso di “autonomia didattica” inaugurato nel 1999 con il Bologna Process) a ridurre drasticamente la possibilità di accedere, da parte di tutti, a un’istruzione altamente qualificata. Non dobbiamo però cadere nel errore di definire a priori l’insegnamento universitario come una “formazione di qualità” o altamente qualificata.

Difatti, cosa vuol dire formazione di qualità?

In una società in cui le divisioni di classe emergono, con la crisi, in maniera ancor più preponderante, occorre mettersi d’accordo su cosa significa davvero, nella fattispecie di una formazione scolastica, la nozione di “qualità” dell’insegnamento.

Dal punto di vista capitalistico, a seconda del parametro adottato, può essere ritenuta di qualità anche una formazione offerta da un’Università che istruisce a svolgere specifiche funzionalità o determinate attività lavorative ma lascia gli studenti privi, per esempio, di una formazione di tipo classico-umanistico o limita la ricerca scientifica di base a favore di quella “industriale”. Dopo una premessa quantomeno essenziale, se non si definiscono i parametri di valutazione e il contesto socio-economico, continuare a discutere di “Formazione di qualità” vuol dire annullare ogni tipo di critica radicale o ancorata alla realtà.

E’ per questo che il nesso tra Università e mercato del lavoro diventa centrale per comprendere queste trasformazioni. Le decisioni dei Governi europei, in linea con ciò che è il sistema universitario negli U.S.A., portano avanti da anni (Riforma Ruperti) il loro disegno di riduzione delle conoscenze e dei saperi. Il piano governativo è formare i futuri lavoratori in base alle nuove esigenze dettate dai cambiamenti tecnologici avvenuti nel mondo della produzione. Il riferimento è qui all’introduzione della microelettronica nei processi produttivi e alle trasformazioni epocali che ciò ha comportato: eliminazione di figure professionali, passaggio di conoscenza dal lavoratore alla macchina e parcellizzazione dei saperi del lavoratore e, non per ultimo, “riduzione della forza lavoro” e creazione di un esercito di disoccupati.

 E la produttività e il profitto?

Il processo di aziendalizzazione dell’Università va avanti da circa venti anni. L’ingresso dei privati nel Consiglio d’Amministrazione (CDA) è l’emblema di come il mondo della formazione faccia gola agli interessi padronali e di come quest’ultimi si servano della “formazione di qualità” per formare la futura classe lavoratrice (dequalificata e spogliata di conoscenze).

Ad esempio, fra gli effetti di tale processo aziendalizzatore vi è senza dubbio la sostituzione delle Facoltà con i nuovi dipartimenti. Ciò ha già generato un’offerta della didattica estremamente ridotta e un’Università riformata a esamificio dello “studia, consuma, crepa”. Si tratta, comunque, di una formazione sempre più parziale e limitata, che si riduce per lo studente/futuro lavoratore a circoscritte conoscenze settoriali. Tale formazione incatena gli studenti a ristretti sbocchi lavorativi e li dequalifica sul mercato del lavoro, trattandosi di un sapere legato unicamente alle particolari necessita’ di quelle stesse aziende che promuovono questi percorsi.

In parallelo alla riduzione degli insegnamenti e alla riduzione dell’ampiezza della formazione universitaria, in un panorama desolante, aumentano invece i finanziamenti statali per le scuole d’eccellenza ovvero quelle in cui si forma e si formerà la futura classe dirigente italiana.

Perciò, in un contesto in cui le forze del capitalismo cercano disperatamente nuovi luoghi in cui accrescere i margini di profitto, è facilmente spiegabile la programmazione di nuove alleanze tra Università e aziende. Pensiamo per esempio al patto tra la FIAT e il Ministero dell’Istruzione allo scopo di formare, già negli anni universitari, i futuri ingegneri del più grande gruppo industriale italiano. Pensiamo anche al peso crescente che, dentro un percorso di studi, detengono stage e tirocini lavorativi non retribuiti. Infine, un altro esempio eclatante del processo di mercificazione del sapere e’ la collaborazione tra FINMECCANICA e l’Istituto Sant’Anna di Pisa, nell’ambito della ricerca industriale. La partecipazione a tali progetti e’ stata poi estesa, in veste di tirocini e/o tesi di laurea, agli studenti in ingegneria di tutto l’ateneo pisano. Frutto di tale collaborazione e’ la ricerca e lo sviluppo di tecnologie ampiamente sfruttate in ambito militare!

Anche queste collaborazioni a “fini di guerra” vengono portate avanti in nome di una maggiore fluidità tra il mondo della conoscenza e la produzione industriale. Ma non si deve chiudere gli occhi su quello che ci propinano come formazione di qualità e connessione tra conoscenze e mercato del lavoro e invece è GUERRA e SFRUTTAMENTO.

A questo punto cosa fare?

Siamo convinti che l’unico modo di opporsi ai cambiamenti in negativo e dunque ottenere miglioramenti delle nostre condizioni nell’Università, nella società e nel mondo del lavoro, sia partecipare attivamente alla lotta anticapitalista con assemblee orizzontali, creando nuove concrete forme di lotta e riutilizzando quelle del passato come occupazioni e autogestioni.

Ora più che mai è necessario che tra le diverse lotte in corso si creino legami più stretti. La prospettiva non può chiudersi entro i confini di uno Stato. L’orizzonte deve essere INTERNAZIONALE. Non solo perché l’attacco alle condizioni di vita e di lavoro viene condotto a livello europeo, ma soprattutto perché la risposta degli sfruttati deve superare i ricatti e le divisioni imposte con la violenza dai governi e dal Capitale. Per questo il 14 novembre ha costituito un minimo ma importante esempio e ci permetterà di rispondere all’uragano della crisi con il terremoto sociale!

Il nostro compito, quindi, è quello di ripartire dalla lotta ancorata ai meccanismi della realtà, radicata nelle scuole, nelle fabbriche, nei luoghi del “lavoro interinale e precario”, dal basso e collettiva, nuovamente di massa.

È fondamentale, quindi, organizzarsi collettivamente tramite assemblee orizzontali, occupazioni e autogestioni, creare, rafforzare e diffondere momenti di controinformazione e solidarietà. Una pratica, quest’ultima, da riprendere necessariamente per contrastare in maniera unita e compatta i continui attacchi padronali e statali che, tramite i loro apparati repressivi, i movimenti di LOTTA di lavoratori e studenti subiscono.

Per questo siamo convinti che è giunto il momento di RIALZARE LA TESTA!.. PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI

COLLETTIVO AULA R- PISA


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BASTA ALLE FIERE DELLA PRECARIETA’: CONTESTATO IL JOB MEETING

Questa mattina come Collettivo Aula R, insieme al Fronte della Gioventù Comunista e PCL abbiamo contestato il “Job Meeting” al Palazzo dei congressi di Pisa, vera e propria fiera del lavoro precario e sfruttato, celebrazione dell’università azienda sempre più gestita da privati e legata alle esigenze del profitto.

Infatti la formazione universitaria sempre più specializzata e nozionistica, orientata verso la formazione di specifiche figure professionali, trova qui la sua “fiera” incontrando agenzie interinali, istituti di credito, colossi dell’industria, agenzie di management. Tutto “d’eccellenza” sia chiaro, tutto “di qualità”

“Sfruttamento, alienazione, profitto: basta fiere della precarietà!” questo lo striscione che abbiamo aperto all’ingresso del Meeting, distribuendo volantini e intervenendo al megafono. Siamo poi entrati attraversando gli stand e bloccando per alcuni minuti quello del DSU Toscana in solidarietà con le lavoratrici della mensa universitaria e per contestare le loro politiche di tagli alle borse di studio e ai servizi per il diritto allo studio.

Nonostante la volontà degli organizzatori di allontanarci abbiamo continuato la contestazione aprendo un secondo striscione che riportava “Basta alle fiere della precarietà!” continuando a diffondere volantini e spiegare i nostri motivi.

Anche quest’anno la contestazione ha avuto il sostegno e la solidarietà dei molti studenti che erano venuti per compilare un curriculum o anche solo per curiosare tra gli stand: c’è chi comprendendo meglio le modalità e i fini di questa “fiera”, ha deciso volontariamente di abbandonare il posto.

BASTA ALLE FIERE DELLA PRECARIETA’

Il 20 novembre al Palazzo dei Congressi di Pisa anche quest’anno si terrà il “Job Meeting”, vera e propria fiera dello sfruttamento e del lavoro precario, che si svolge in diverse città universitarie.
Il Job Meeting di Pisa – come si legge sul sito – “è organizzato da Cesop Communication in collaborazione con l’Ufficio Job Placement dell’Università di Pisa, struttura promossa dall’Ateneo per facilitare l’inserimento professionale dei giovani laureati.”

Ma di quale inserimento professionale e di quale lavoro parliamo se non quello all’insegna della precarietà, della flessibilità e dello sfruttamento?

Questa Fiera della precarietà, con tanto di workshop e area stand, può vantare espositori di riguardo.

Ci saranno numerose agenzie “lavorative”, agenzie interinali, di formazione e certificazione, ovviamente di “eccellenza”, che costituiscono il raccordo tra una formazione universitaria sempre più costosa e parcellizzata ed un mondo del lavoro senza diritti e spesso senza salario come nel caso degli stages, dei tirocini e degli apprendistati. Ci saranno gli stand delle multinazionali che sul nostro territorio sfruttano gli operai come Piaggio, Saint Gobain e Continental. Ci sarà Leroy Merlin esempio dello sfruttamento selvaggio dei lavoratori nella grande distribuzione commerciale. Ci saranno aziende come la Altran e la Sogin compromesse rispettivamente nella produzione bellica e nel nucleare.

Ma ci sarà pure lo stand del Diritto allo Studio Universitario Toscana che come studenti universitari dobbiamo ringraziare per l’aumento delle tasse, per la riduzione dei servizi e per il trattamento riservato ai lavoratori ed alle lavoratrici, come nelle mense universitarie dove il DSU ha puntato al risparmio, cessando di fatto di garantire un servizio e sfruttando più che mai le lavoratrici. Tutto questo assicura al DSU un posto d’onore al Job Meeting, come faro di un’università azienda votata al profitto ed al lavoro precario.

Il Job Meeting che si tiene martedì 20 novembre al Palazzo dei Congressi non è altro che la celebrazione dello sfruttamento delle classi dominanti sulle spalle dei lavoratori e delle fasce sociali più deboli.

Lo scorso anno un pugno di studenti hanno contestato questa Fiera con megafoni, volantini e striscioni, allarmando gli organizzatori e suscitando la solidarietà e la partecipazione di gran parte dei giovani (sicuramente molto “choosy”) presenti al Job Meeting nella speranza di trovare un lavoro. Siamo ancora qui quest’anno per dire “BASTA FIERE DELLA PRECARIETÀ!”

In un contesto che vede l’imposizione da parte dei governi di pesanti “sacrifici” alla gran parte della popolazione, fondamentale è anche il ruolo che assume l’Università italiana in via di smantellamento e sempre più alla mercé di enti privati e delle direttive imposte dall’Unione Europea. Percorso partito dal Processo di Bologna, fino ad arrivare alle ultime riforme della scuola e dell’università che hanno definitivamente spalancato le porte agli interessi dei capitali privati nel mondo della formazione.

La presenza di enti esterni “privati” all’interno degli organi d’ateneo ne è di fatto una dimostrazione. Sono proprio quei privati che stando all’interno del sistema universitario gestiscono e manovrano assieme ai baroni la formazione che ci viene imposta, privilegiando sicuramente tutti quei settori che risultano più utili e funzionali alla “produttività”, sia nel senso di sviluppo tecnico e materiale per l’attuale sistema economico, sia nel senso di sostegno ideologico e di sviluppo del potere e del governo.

Sono gli stessi privati che utilizzano le “agenzie lavorative” come tramite dal mondo della formazione a quello del lavoro e proprio nel Job Meeting tutti questi passaggi vengono posti chiaramente sotto gli occhi di tutti.

CONTINUIAMO LA LOTTA CONTRO LE POLITICHE DI AUSTERITÀ CONTRO I SACRIFICI, CONTRO LO SFRUTTAMENTO E LA PRECARIETÀ

CONTRO L’UNIVERSITA’ AZIENDA ASSERVITA AGLI INTERESSI DEI PRIVATI

PER UN’ UNIVERSITA’ LIBERA E DI SAPERI NON MERCIFICATI

BASTA FIERE DELLA PRECARIETA’

COLLETTIVO AULA R





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PER CHI NON VUOL CHINARE LA TESTA: SOLIDARIETA’ AGLI ARRESTATI DEL 14 NOVEMBRE TUTTI/E LIBERI/E

Il Collettivo Aula R esprime massima solidarietà ai compagni e alle compagne vittime della repressione subita dagli apparati dello Stato il 14 novembre.

In un contesto come quello attuale di crisi, di tagli al sociale e delle varie misure di austerità, c’è chi lotta quotidianamente per opporsi a tutto questo, senza mai chinare la testa.

Proprio con questo spirito di non rassegnazione e di rabbia contro le misure di austerità imposte dai Governi Nazionali e ordinati dalla troika europea, ieri è stato indetto uno sciopero generale a cui, in tutta Italia, hanno partecipato migliaia di manifestanti.

La risposta degli apparati repressivi statali non si è fatta attendere, infatti, in molte città italiane, la forza brutale della polizia si è abbattuta arrestando e ferendo manifestanti inermi.

Riteniamo queste azioni compiute dalle forze dell’ordine vere e proprie pratiche fasciste, atte ad intimidire ed annientare qualsiasi espressione di dissenso da parte di chi, quotidianamente, subisce sulla propria pelle la violenza delle politiche di austerità dei governi.

Per questo ribadiamo la nostra solidarietà a tutti coloro che lottano e subiscono la repressione degli apparati repressivi.

TUTTI LIBERI, TUTTE LIBERE

 Collettivo Aula R


							
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DOVE ERAVAMO RIMASTI E DOVE SIAMO ARRIVATI: LA NECESSITA’ DI RIALZARE LA TESTA

Quest’estate ad augurarci le buone vacanze ci aveva pensato il Governo tramite il provvedimento della Spending Review, per il controllo della spesa pubblica, che riguarda in grossa parte i settori della sanità e dell’istruzione pubblica, ovvero due apparati essenziali per il miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori e delle lavoratrici.

Nella realtà questo provvedimento si è rivelato altro, infatti possiamo notare come questi due settori delicati della società, stiano da un lato scomparendo e dall’altro vengono sempre più rimodulati e asserviti alle nuove esigenze del Capitale: CLASSISMO, PRODUTTIVITA’, PROFITTO.

 Ma cosa vuol dire classismo e selezione di classe?

Le ripercussioni pratiche della “selezione di classe” diventano di giorno in giorno sempre più evidenti anche nell’Ateneo Pisano: a Settembre, con il nuovo anno accademico, ci siamo trovati difronte all’aumento delle tasse universitarie del 7%, a nuovi ed ulteriori test per accedere ai corsi di laurea a numero chiuso, borse di studio e agevolazioni per il diritto allo studio dimezzate.

Per quanto governanti e baroni provino a spacciare tutto questo per MERITOCRAZIA, è evidente come questi processi siano una tutela ed una garanzia per chi già è privilegiato nella società, e come invece siano ostacoli e barriere per coloro che vivono situazioni economiche e sociali più difficili.

E la produttività e il profitto?

Il processo di aziendalizzazione dell’università va avanti ormai da anni, ma proprio negli ultimi periodi ha avuto la sua fase culminante. L’ingresso dei privati nel Consiglio d’Amministrazione (CDA) è l’emblema di come il mondo della formazione faccia gola agli interessi dei padroni e di come quest’ultimi usino l’università per reclutare e formare secondo gli standard imposti dal capitale da una parte la futura classe lavoratrice, dall’altra invece la nuova classe dirigente, ovvero i figli di quella attuale.

Le ripercussioni anche qui le troviamo ogni giorno nei nuovi dipartimenti con un’offerta della didattica ridotta, nell’università come costante esamificio dello “studia, consuma, crepa” oppure nelle alleanze tra imprese e università. Un esempio su tutti è il patto FIAT – Ministero dell’Istruzione per sfruttare ulteriormente la forza lavoro gratuita degli studenti tramite stage e tirocini e, perché no, per inserire qualche dirigente (aziendale) all’interno di CDA universitari.

L’Università di Pisa, purtroppo, si distingue dalle altre perché è stata la prima ad attuare le direttive imposte prima dalla Riforma Gelmini e poi dalla Riforma Profumo per accaparrasi il titolo di “ATENEO VIRTUOSO”, quindi, MERITEVOLE per poter ricevere ulteriori contributi ministeriali. Ma nonostante i continui tagli alle borse di studio, ad una didattica sempre più scadente e acritica, ai diritti di studenti e lavoratori sempre più saccheggiati, c’è chi nel frattempo trova il tempo per riempirsi le tasche di soldi aumentando le “indennità di carica” per i membri di alcuni organi collegiali (Consiglio d’Amministrazione, Nucleo di Valutazione d’Ateneo) e monocratici (Rettore, Prorettori e Direttori di Dipartimento).

Il concetto fondamentale da comprendere è che questi processi non coinvolgono solo l’università che è solo un comparto di un sistema ben più ampio, ma in nome della produttività e del profitto, assistiamo ogni giorno a continui attacchi padronali contro la classe lavoratrice: chiusura di fabbriche, licenziamenti, trasferimenti delle produzioni all’estero (dove la mano d’opera è più conveniente) oppure alla continua repressione che subiscono i movimenti di LOTTA di lavoratori e studenti.

Ed è proprio dalla lotta che bisogna ripartire, con la solidarietà e l’organizzazione che parta realmente dal basso, in opposizione alle logiche della delega e della rappresentanza che ci vuole in attesa di ricevere solo briciole.

Siamo convinti che l’unico modo di opporsi ai cambiamenti in negativo e ottenere miglioramenti delle nostre condizioni nell’Università, come nella società e nel mondo del lavoro, è partecipare attivamente in prima persona con assemblee orizzontali e con concrete forme di lotta come scioperi, occupazioni e autogestioni.

È giunto il momento di RIALZARE LA TESTA PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI

 COLLETTIVO AULA R

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Occupata la Facoltà di Scienze Politiche contro la guerra, contro le spese militari, contro la commemorazione di El alamein.

Il Collettivo Aula R e L’Assemblea dell’Aula R hanno deciso di occupare i locali del Dipartimento di Scienze Politiche di Via Serafini. L’occupazione nasce dalla necessità di esprimere, come studentesse e studenti di Scienze Politiche, una forte protesta contro la commemorazione della battaglia di El Alamein che si terrà allo stadio di Pisa sabato 27 ottobre.

Non è possibile infatti restare in silenzio di fronte a una simile parata nostalgica, di fronte ad una tale celebrazione della guerra, passata e presente. Ad El Alamein nel 1942 migliaia di soldati italiani vennero lasciati morire per permettere la fuga dei gerarchi e dei generali fascisti e nazisti, fu un massacro che oggi viene mitizzato dalla propaganda militarista come un esempio di “valore”. Ma nella guerra, e tanto più in una guerra fascista, non può esserci nessun valore.

La celebrazione, inserita nella Festa di specialità della Brigata Folgore, attirerà nostalgici ed estremisti di destra da tutta Italia, come dimostrato dal sostegno dato alla parata da certe organizzazioni neofasciste. Tra gli stand saranno anche esposte armi, mezzi militari, strumenti di morte che vengono utilizzati nelle guerre di occupazione in cui l’esercito italiano è impegnato.

Non è possibile restare in silenzio di fronte al saccheggio dei diritti e dei salari dei lavoratori, di fronte ai sempre più drastici tagli alla spesa sociale ed in particolare alla scuola ed all’università.

Le tasse universitarie aumentano mentre dietro la maschera della meritocrazia, si modella un’università sempre più classista. Intanto, le spese militari non vengono minimamente intaccate, a 30 miliardi di euro ammontano infatti per quest’anno le spese militari dell’Italia (fonte SIPRI).

Questa occupazione è un atto di protesta contro tutte le guerre, contro le spese militari e i tagli del governo, contro la commemorazione della battaglia di El Alamein, una celebrazione nostalgica che cerca di riscrivere la storia secondo le necessità della propaganda militarista.

Gli studenti universitari devono rifiutare queste operazioni culturali, per opporsi alla guerra e ad ogni sua celebrazione, proprio per questo riteniamo importante far sentire in modo così forte la nostra protesta.

L’occupazione sarà anche un momento di confronto, di dibattito e riflessione, per aprire l’università alla città. Per questo saranno tra le altre cose organizzate proiezioni e discussioni nel pomeriggio di venerdì 26.

L’azione di protesta si concluderà sabato 27 ottobre, prima del corteo cittadino che partirà alle ore 15 dalle Logge di Banchi

               Collettivo Aula R, Assemblea dell’Aula R

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