FACOLTÀ OCCUPATA CONTRO LA RIFORMA DEL LAVORO

Lavorare con lentezza” è il titolo di due giornate di iniziative di sensibilizzazione e di lotta contro la cosiddetta riforma del lavoro del ministro Fornero.

Dalla modifica dell’articolo 18 ai contratti di apprendistato, si prepara l’ennesimo attacco ai diritti dei lavoratori. Un attacco che colpisce tutte le generazioni e tutti i lavoratori, che siano più o meno “precari”.

Come Assemblea dell’Aula R e Collettivo Aula R abbiamo deciso di occupare e autogestire la Facoltà di Scienze Politiche dalla mattina del 30 aprile alla giornata del Primo Maggio.

Come studentesse e studenti riteniamo centrale opporsi al Disegno di Legge presentato dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali. Il nostro non è solamente un atto di solidarietà verso i lavoratori colpiti da questi provvedimenti, perché la riforma del lavoro colpisce anche noi.

Molti studenti lavorano per pagare le spese degli studi universitari, quasi tutti gli studenti inoltre, frequentando tirocini o stages, sono di fatto dei lavoratori.

L’università stessa è strettamente legata alle esigenze del mercato del lavoro, come abbiamo potuto vedere con le riforme ed i tagli degli ultimi anni. Questo è evidente in particolare nel legame tra atenei, aziende ed agenzie interinali che emerge nelle iniziative di “orientamento in uscita”.

Ma l’università è anche l’istituzione che elabora, produce e diffonde modelli di sfruttamento e di oppressione. L’attuale governo dopotutto non è stato chiamato a caso il “governo dei professori”.

Per queste ragioni e per l’esigenza di dotarsi di opportuni strumenti di analisi si è sviluppato in Aula R un percorso aperto a tutti di analisi e riflessione attorno alla riforma del lavoro. Questa attività, cominciata da poche settimane, è il motore delle due giornate di iniziative ed emergerà nel dibattito del 30 aprile al quale parteciperanno anche realtà studentesche da altre località toscane, lavoratori ed esponenti sindacali.

Occupare la facoltà in queste due giornate per noi significa affermare tutto questo. Costruire attorno al Primo Maggio dei momenti aperti di dibattito e discussione attorno a questi temi è fondamentale per stringere legami di solidarietà e rilanciare le lotte.

Di seguito il programma della due giorni:

LAVORARE CON LENTEZZA

Due giorni di iniziative e sensibilizzazione sul lavoro all’interno dell’Università.

Lunedì 30 aprile:

Ore 18.30: Dibattito, “dove stiamo andando?”: dallo Statuto dei Lavoratori alla riforma Fornero – tra precarietà e sfruttamento. Intervengono Assemblea Aula R, Collettivo Aula R, DAS (Siena), Collettivo Politico Scienze Politiche (Firenze), Federico Giusti (COBAS), Simone Selmi (RSU-FIOM Piaggio).

Ore 21.00: cena popolare.

Ore 23.00: festa con djset nel giardino di Scienze Politiche (via Serafini 3).

Martedì primo maggio.

Mattino: proiezione film sul lavoro.

Ore 13.30: grigliata popolare nel giardino di Scienze Politiche.

Ore 18.00: proiezione film documentario “La Dignità degli Ultimi”.

Promuovono Assemblea dell’Aula R e Collettivo Aula R.

Facoltà di Scienze Politiche, via Serafini 3, Pisa.

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Giornata della “solidarietà” o giornata della GUERRA?

Anche quest’ anno il Comune di Pisa si è attivato per realizzare “la Giornata della solidarietà” in ricordo del Maggiore dei paracadutisti Nicola Ciardelli, morto in Iraq. Anche quest’anno, centinaia di bambini e ragazzi delle scuole materne, elementari e medie di Pisa verranno imboniti, in maniera anche più sofisticata degli altri anni, con la favola dei militari in missione di pace che “proteggono la democrazia”, obliando il fatto che l’operazione “Antica Babilonia”, come tutte le missioni in cui è stato impegnato l’esercito italiano a partire dalla aggressione alla Jugoslavia nel 1999, non sono missioni di pace, ma di guerra e che i militari sono chiamati a proteggere gli interessi imperialisti e non i diritti dei popoli.

Dire tutto ciò, non è recare offesa alla memoria di Ciardelli, ma un semplice atto di verità sul ruolo dei militari in missioni che di pace non hanno nulla, come attestano documenti pubblici reperibili anche sul web.

Ma la Giunta comunale (Sindaco e Assessore alla Cultura in primis), allineata e coperta rispetto alle posizioni del partito di maggioranza, il PD, continua a sostenere il carattere educativo della giornata, coinvolgendo quest’anno addirittura istituzioni universitarie e religiose in percorsi che dovrebbero rappresentare la difesa delle libertà civili, e dove i militari rappresenterebbero il baluardo della democrazia; si sponsorizza così un’idea di solidarietà “privatizzata” dalle onlus e patrocinata da istituzioni civili e militari.

Il progetto portato avanti in nome del maggiore Ciardelli si intitola infatti “la casa dei bambini di Nicola” e prevede un finanziamento -privato- ad un progetto dell’ospedale pediatrico Meyer di Firenze. Lodevole iniziativa, se non fosse che il diritto alla salute andrebbe tutelato giornalmente e non reso un lusso o il frutto di iniziative filantropiche, così come tutti gli altri diritti che sono sotto attacco e che il nostro attuale governo vorrebbe scardinare, come l’articolo 18 (senza dimenticare gli ammortizzatori sociali che saranno ridotti nella durata e nel numero dei destinatari). Lodevole iniziativa, certo, se non fosse che “i bambini” jugoslavi, iracheni, afghani, libici etc. non sono poveri sfortunati, ma vittime del sistema di guerra portato dai nostri eserciti.

In città, al contrario degli anni scorsi, non si è levata alcuna protesta rispetto a questa giornata della Guerra che ha guadagnato, all’ombra del Comune, consensi e partecipazione di associazioni presenti sul territorio.

Da parte nostra ribadiamo che questa giornata va smascherata per il suo messaggio fuorviante e rilanciamo dicendo:

  • NO all’acquisto degli aerei da guerra F35, ognuno di questi aerei di distruzione di massa costa quanto mesi di tagli governativi alle spese sociali.

  • Ritiro dei militari italiani dalle missioni di guerra.

  • NO al proseguimento nell’uso criminale di armi con URANIO IMPOVERITO, già responsabili della morte di centinaia di migliaia di civili nei territori occupati e della morte di un numero di militari italiani superiore ai caduti in combattimento.

ZONE DEL SILENZIO, COLLETTIVO AULA R, GRUPPO DI DISCUSSIONE SU CRISI E REPRESSIONE

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UNIVERSITA’ E LAVORO: STESSI PADRONI STESSO SFRUTTAMENTO

Ormai è da qualche mese, dall’entrata in “carica” del Governo Monti che gli attacchi agli strati sociali più deboli si sono intensificati ulteriormente; di particolare gravità e importanza, risulta quello sferrato ai lavoratori per la riforma del mondo del lavoro con nodo centrale della questione l’abolizione dell’Art.18 dello Statuto dei Lavoratori, ma anche i vari stravolgimenti agli ammortizzatori sociali e ai nuovi contratti in particolare quello sull’apprendistato.

Proprio su quest’ultimo punto vorremmo concentrarci per comprendere meglio come il mondo dell’università e quello del lavoro sono in stretto legame tra loro, di come l’università ci “formi” per entrare a far parte degli ingranaggi della macchina produttiva composta da precarietà e sfruttamento.

In che modo avviene questo processo?
Le ultime riforme dell’università portate avanti dai vari governi (di qualsiasi colore) ne sono una dimostrazione: il suo progressivo smantellamento, la sua svendita ad enti privati e il progressivo potere dei vari baroni, hanno contribuito e contribuiscono sempre di più a rendere il mondo della formazione asservito e funzionale al sistema economico attuale.
Questi elementi li troviamo ogni giorno nei tirocini o negli stages gratuiti, negli investimenti maggiori per quelle facoltà che risultano più “funzionali” alla produttività, oppure negli accordi che le università stipulano con grosse aziende private o con le varie agenzie lavorative promotrici solo di precarietà, (il Job Meeting o altre fiere “del lavoro” che si tengono ogni anno in molte città sono una dimostrazione). Anche nei continui insegnamenti di teorie economiche, politiche e sociali che ci impartiscono. Tutti questi sono elementi che contribuiscono alla perpetuazione dell’attuale sistema dominante rendendoci, di fatto, delle merci gestite solo in relazione agli interessi del capitale.

Il collegamento tra il mondo della formazione e quello del lavoro, si esplica in modo chiaro, come già detto, attraverso le varie agenzie lavorative, ma cosa succede quando inizia un rapporto lavorativo?

L’attuale Governo, per “incentivare”, per “privilegiare” l’entrata dei giovani nel mondo lavorativo vuole modificare l’attuale sistema del contratto di apprendistato.

L’apprendistato, spacciato come periodo di formazione per il lavoratore, in realtà è solo un periodo di prolungamento di sfruttamento e precarietà per il giovane e dall’altra parte solo agevolazioni per i datori di lavoro, con l’obiettivo di abbassamento del costo del lavoro.
In questa fase (3 anni), “l’apprendista” non è considerato al pari dei suoi colleghi con più esperienza, ma solo come forza lavoro aggiuntiva e costantemente sotto il ricatto dei padroni.

Un altro luogo comune da sfatare è quello che gli apprendisti ed i giovani siano MENO PRODUTTIVI degli altri lavoratori. Le aziende tendono sempre infatti a sostituire i lavoratori più anziani con quelli più giovani. La differente condizione salariale e contrattuale, a svantaggio dei più giovani, è unicamente finalizzata infatti a creare ulteriori meccanismi di ricatto e sfruttamento, dividendo i lavoratori, sfruttando il divario generazionale.

Solo i datori di lavoro ci guadagnano! Sono solo loro che hanno a favore incentivi e potere di ricatto per accrescere i loro profitti.

Sta solo a noi: oggi, come studenti, sottomessi ad una formazione asservita sempre di più agli interessi dell’attuale sistema economico e sociale dominante e domani come futura classe lavoratrice, impedire e spezzare questo continuo ciclo che crea solo sfruttamento e precarietà.

COLLETTIVO AULA R

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OVUNQUE VAL SUSA, OVUNQUE RESISTENZA

Si è appena conclusa una settimana di resistenza in Val di Susa. Una settimana fa siamo tornati a Pisa soddisfatti per aver partecipato ad una straordinaria manifestazione. Un corteo lunghissimo ed eterogeneo che ha voluto gridare con orgoglio al magistrato Caselli e alle istituzioni dello Stato che il movimento No Tav non si “arresta”. Abbiamo anche ribadito che se i compagni vengono carcerati, il fronte No Tav non si spacca, non si divide, ma si invigorisce e si allarga ogni giorno di più!

Anche per questo la reazione più immediata della Polizia è stata caricare la sera stessa, senza ragione, i compagni alla stazione di Torino mentre aspettavano il treno per tornare a casa dopo la manifestazione conclusa senza incidenti.

Poco dopo (lunedì mattina), le ruspe scortate dalle forze dell’ordine sono tornate in azione. La Valle come sempre si è opposta mettendo in pratica forme di resistenza e blocchi più volte assaltati dalla Polizia per poi essere riconquistati nuovamente dai militanti No Tav.

In tutta Italia e non solo, sono partite azioni di solidarietà: temporaneo blocco dei siti web di Polizia e Carabinieri, occupazione di stazioni, strade e anche della redazione di “La Repubblica” in cambio della pubblicazione di un comunicato. Anche a Pisa è stato raccolto l’invito proveniente dalla Valle “blocchiamo tutto, dappertutto!”. Abbiamo occupato prima la stazione ferroviaria e poi la Via Aurelia.

Ancora una volta è arrivata l’ora delle barricate in Val Susa.

Ancora una volta lo Stato vede come ultima soluzione per contrastare un movimento, la carcerazione di compagni e compagne perché non riesce a piegarne la determinazione.

Ancora una volta i media ufficiali cercano di dividerci tra buoni e cattivi.

Le ragioni della lotta contro la costruzione della linea ad velocità Torino-Lione ormai le conosciamo tutti bene, ma abbiamo capito che la ragione per cui lo Stato diventa sempre più violento nei confronti del movimento No Tav è un altro. E’ anche tramite la costruzione di queste grandi opere (inutili e nocive) che la classe borghese e quella politica costruiscono il loro dominio sulle classi subalterne!

Oltre che colpire gli enormi profitti che si celano dietro i lavori per la Tav, istituzioni politiche e padroni, sanno benissimo che la vittoria del movimento No Tav metterebbe a repentaglio il rapporto tra potere politico e potere economico che sta alla base del sistema capitalista. Significherebbe assestare un colpo durissimo a quel “Leviatano” composto da Stato, borghesia e mafia che si nutre dello sfruttamento del nostro lavoro e delle risorse dei nostri territori, con il pericolo che l’esempio della Valle possa essere replicato da altri movimenti di lotta. Poco importa se c’è anche chi denuncia il legame tra le “cooperative rosse” vicine al PD e le imprese appaltatrici, adesso abbiamo un bel governo “tecnico” a cui dobbiamo obbedire per “salvare l’Italia”

Siamo consapevoli che questa lotta non può essere delegata e il fatto che non ci sia mai stato un interlocutore disposto ad ascoltare, temendo che la base del suo sistema di potere potesse essere minata, insieme al continuo utilizzo della forza ha messo fine “all’ora delle ragioni” rendendo necessaria la resistenza.

Questo è quello che aveva ben in mente Luca, agricoltore anarchico valsusino, che pur di non cedere un solo passo all’invasione della Valle si trova in ospedale in gravi condizioni, fortunatamente non più a rischio vita.Questo è quello che hanno in mente tutti i compagni in Val Susa che da lunedì si stanno opponendo all’allargamento del cantiere e che da vent’anni si oppongono al TAV.

Questo è quello che abbiamo in mente noi mentre esprimiamo la nostra solidarietà che dalle nostre città in tutta Italia si estende arrivando fino alle reti del cantiere, ai blocchi stradali e a tutti quelli che in prima persona resistono giorno e notte in Val Susa.

COLLETTIVO AULA R

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DALLA GRECIA…ALL’ITALIA

Cosa succede in Grecia? Riteniamo importante portare l’attenzione su quanto sta realmente accadendo nel paese ellenico, cercando di ribaltare la cronaca fatta dai media ufficiali. E’ necessario ripercorrere gli ultimi anni per capire i passaggi che hanno portato per l’ennesima volta il popolo ellenico a dimostrare la propria forza in piazza. E’ altresì fondamentale comprendere come tutto ciò che sta accadendo in Grecia presenti molte analogie con situazioni che si stanno creando in Italia o in altri paesi europei.

Il 12 febbraio il governo “tecnico” greco ha approvato ancora una volta le direttive imposte dalla Troika. Queste misure, che dovrebbero garantire nuovi finanziamenti (130 miliardi di euro), sono state presentate dal governo greco come l’unico modo per salvare il paese dalla catastrofe e dalla miseria. Ma in realtà il proletariato greco, il popolo greco, è già ridotto nella miseria.

Non sono bastati i drastici tagli alla spesa pubblica, ai salari, alle pensioni, fatti già durante lo scorso anno. Misure che hanno portato un popolo praticamente alla povertà ed alla disoccupazione di massa. Con questa nuova tranche d’aiuti economici il governo greco ha approvato un ulteriore pacchetto che prevede una radicale riforma del mercato del lavoro: soppressione di 15.000 posti di lavoro nel pubblico impiego, ulteriori tagli alle pensioni ed una diminuzione di oltre il 20% del salario minimo garantito. A questi si aggiungono anche una drastica riduzione dei finanziamenti nei servizi pubblici.

Mentre la popolazione sprofonda nella miseria, i potenti si arricchiscono alla faccia della crisi, con le commesse di armi, con i finanziamenti della troika, con la riduzione dei salari e dei diritti dei lavoratori.
E’ notizia degli ultimi giorni che c’è un ulteriore ricatto nei confronti del popolo greco: infatti per il 2012 la spesa militare ellenica ammonterà a 7 miliardi di euro, (3% del PIL nazionale) per l’acquisto di armi rigorosamente “made in Germany”. In cambio la Germania avrebbe assicurato l’erogazione di denaro per il salvataggio della Grecia.
Ma la salvezza per chi? Non certo per il popolo greco che dovrà continuare a sacrificarsi per salvare i profitti ed i privilegi dei padroni e di chi fa i loro interessi.Si possono subito notare delle analogie con l’Italia dell’austerità e dei sacrifici, con le riforme che il governo Monti sta attuando: gli attacchi del capitale ai lavoratori ed alle fasce sociali più deboli sono sempre gli stessi!

In Grecia come in Italia, ma anche in altri paesi d’europa, aumenta sempre di più un senso di sfiducia e disillusione nei confronti dei governi nazionali e della “democrazia” visto che il livello decisionale comincia a essere percepito come lontano e non più individuabile.
Questo avviene sia per come i governi stanno applicando le pesanti misure di austerità e sacrifici, dettate dalla troika (Banca Centrale Europea, Fondo Monetario Internazionale, Unione Europea), sia per come questi stessi governi stanno reprimendo le proteste, cercando di soffocare la vasta opposizione sociale che si va formando in molti paesi.
La Grecia ci dà molti spunti anche per riflettere sulle pratiche di lotta, e questo non solo per la forza cui la popolazione sta dimostrando la sua opposizione. In Grecia continuano a sorgere esperienze di autogestione, occupazioni, forme di autorganizzazione nei quartieri e nei luoghi di lavoro.
L’ospedale di Kilikis è autogestito dai lavoratori, nell’area industriale di Atene, alcuni lavoratori  sono in sciopero da oltre cento giorni.
Forme di lotta che cercano di rompere i lacci delle burocrazie partitiche e sindacali, che legate ad una politica elettoralista, non propongono reali soluzioni ad una popolazione sempre più ridotta nella povertà.

Esprimiamo solidarietà alla lotta del popolo greco e rilanciamo ovunque la lotta contro sacrifici e austerità!

 COLLETTIVO AULA R

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